Si fa risalire all’epoca preromana la prima fondazione del nucleo che avrebbe dato origine all’attuale San Donato. In particolare sembra che Etruschi, Liguri, Umbri e, soprattutto, Celto-Galli abitassero la vasta pianura che va da Melegnano a Milano, e che all’epoca presentava caratteristiche molto diverse da oggi: ai fitti boschi vicini al capoluogo lombardo si sostituivano, man mano che ci si avvicinava a Melegnano, le paludi create dai numerosi corsi d’acqua.
Ai primi abitanti succedettero, intorno al 222 a.C., i Romani, che occuparono la bassa Pianura Padana. La realizzazione di vie di comunicazione fu uno dei tratti specifici della dominazione romana: nel 333 d.C. esisteva la strada consolare Mediolanum – Laus Pompeia, che, lunga 16 miglia, permetteva di raggiungere Lodi da Milano, e proseguiva poi in direzione sud. Della via Emilia sappiamo che il secondo miglio cadeva poco dopo l’attuale piazzale Lodi, il terzo miglio a Rogoredo, il quarto all’incrocio tra San Martino e Triulzio, il quinto miglio, “ad quintum lapidem”, cadeva a San Donato, il sesto a Borgolombardo, il settimo a San Giuliano, all’incrocio con Carpianello, l’ottavo all’altezza dell’attuale Occhiò e il nono alla cascina Rampina, dove si trovava la “Mutatio ad Nonum”, cioè il cambio di cavalli con servizi annessi per i passeggeri.All’altezza di ogni miliario la via principale incrociava un’altra strada: lì furono fondate le chiese (San Martino, San Donato, San Giuliano) attorno alle quali si formarono i nuclei abitati che nel corso dei secoli diedero origine agli attuali paesi e città.
Successive notizie di San Donato risalgono ai tempi dei Longobardi, allorché Grimoaldo, duca di Benevento e amico del Vescovo d’Arezzo, nonostante la sua fede ariana, risalì in Italia, ufficialmente in aiuto di Gotoperto che aveva usurpato il trono del fratello Bertarico. Grimoaldo (VII secolo), che in realtà aveva delle mire su Pavia, portava con sé un poderoso esercito composto tra l’altro da un nutrito stuolo di militari aretini, a cui la tradizione attribuisce la fondazione della prima pieve di San Donato.
Dopo i Longobardi vennero i Franchi, i Carolingi, quindi gli Ottoni e, quando nel XII secolo vennero per i milanesi i tempi tumultuosi che videro l’avvento al trono di Corrado di Franconia e la ribellione del vescovo Anselmo IV da Pusteria al legittimo papa Innocenzo II, si fece avanti l’umile abate Bernardo di Clairvaux e grande fu la sua opera di pacificazione.
Fu per gratitudine che i milanesi vollero edificare, per lui e i suoi seguaci, un monastero, la cui costruzione ebbe inizio nel 1135 su un terreno acquitrinoso a Rovegnano (l’attuale Chiaravalle), nei pressi di Bagnolo. E per San Donato l’abbazia rappresentò non solo un luogo di preghiera, ma anche il centro di importanti opere di miglioramento della zona. I monaci infatti promossero un’opera di bonifica vasta e profonda, trasformando quest’area paludosa in terreni altamente produttivi, grazie alla creazione di un complesso sistema di rogge e canali d’irrigazione.
L’abbazia di Chiaravalle, con la sua mistica bellezza, riuscì a incantare persino Federico Barbarossa, che, come scrive il cronista Sire Raul, nel 1158, durante la sua seconda discesa in Italia, cercò di lottare contro le autonomie locali, in particolar modo contro Milano. Il campo imperiale fu posto a Bolzanum – l’attuale borgo di Bolgiano – dove il Barbarossa si trattenne per una settimana: fu lì che il popolo milanese, guidato dal vescovo Oberto, si recò, in atto di sottomissione, con i piedi nudi e le spade sopra il collo.
San Donato con il tempo diveniva sempre più prospera e ubertosa grazie al validissimo sistema di irrigazione e ai molti mulini costruiti sulle rogge, sul Lambro e sulla Vettabbia, nonché punto strategico di battaglie e scontri che hanno segnato la storia del territorio. Le cronache ricordano lo scontro del 13 luglio 1278 tra le opposte fazioni dei Torriani e dei Visconti, e meno di tre secoli dopo, fra il 13 e il 14 settembre 1515, l’aspra battaglia di Marignano, combattuta in una vasta zona che andava da Melegnano (all’epoca denominata Marignano) a San Donato, che vide opposte le truppe francesi all’esercito svizzero e ai Lanzichenecchi, sostenitori degli Sforza; dopo la battaglia (detta dei Giganti), e passata alla storia per aver costituito l’atto di nascita della secolare neutralità svizzera, il vincitore Francesco I si acquartierò presso la casa dei principi Rasini (attuale Cascina Roma), in attesa di prendere possesso di Milano.
Degna di rilievo è la notizia che proprio in questi anni, e precisamente nel 1561, la famiglia dei marchesi D’Adda fece costruire in San Donato una chiesetta detta Oratorio di Santa Croce, cui verrà annessa una casa per poveri fanciulli; questo sarà il primo orfanotrofio della provincia di Milano dei Padri Somaschi di San Martino e da San Martino i bambini prenderanno il nome di Martinitt. Intanto proseguiva l’opera di bonifica, durata sino al XIX secolo: si deviarono i corsi dei canali già esistenti, come la roggia Spazzola, il canale Certosa, la Vettabbia, il Redefossi.
In San Donato, di nuovo si ebbero tempi difficili con la venuta del giovane ufficiale Napoleone Bonaparte, i cui soldati, nel raggiungere Milano da Lodi, transitarono da qui con grande tracotanza. Con gli Austriaci dominatori in Lombardia, San Donato fu messa ancora in posizione di rilievo: vi furono istituite infatti le prime classi elementari e a Chiaravalle era possibile usufruire dei servizi di un’ostetrica e di una farmacia.
Quando scoppiarono le Cinque Giornate di Milano (18-22 marzo 1848), San Donato offrì alla causa il suo aiuto incondizionato, accettando di distruggere i ponti sui suoi canali e di sbarrare con fosse le strade per impedire la fuga al nemico. Purtroppo si trattò di un inutile sacrificio. Milano infatti cadde nuovamente in mano agli Austriaci. Fu proprio a San Donato che i vincitori imposero le condizioni di resa: nella sala prospiciente il cortile della Cascina Roma il 5 agosto 1848 avvenne la firma dei preliminari per l’armistizio tra Austriaci e Piemontesi, conosciuto come armistizio Salasco, che mise fine alla prima fase della Prima Guerra d’Indipendenza. Alla presenza del conte Salasco, del podestà di Milano e del maresciallo Radestzky, che aveva posto il suo quartier generale presso la cascina, si consuma qui tristemente l’epilogo eroico delle Cinque Giornate.
Nel 1880 un avvenimento importante per lo sviluppo economico e sociale della città fu l’inaugurazione della prima linea ferroviaria che da Porta Romana giungeva sino a Lodi: il famoso “gamba de legn” della Società dei Tramwais Interprovinciali.
San Donato cresceva intanto di popolazione e importanza e dava il suo contributo di uomini ed eroi alla Grande Guerra, alla Seconda Guerra Mondiale e quindi alla Resistenza. Nel secondo dopoguerra San Donato ha subito una trasformazione radicale: da piccolo paese di contadini e fittavoli, luogo di sosta lungo la via Emilia a sole cinque miglia da Milano, è divenuta un’importante città, ufficialmente riconosciuta nel 1976.
L’insediamento in questo comune del centro direzionale E.N.I., lo sviluppo della piccola e media industria e del settore terziario, richiamò operai, impiegati e professionisti da ogni regione d’Italia, così che la popolazione aumentò progressivamente, fino a raggiungere circa 33.000 unità. Oggi la città, non più subordinata alla metropoli lombarda, ma ricca di risorse autonome, sta compiendo un grande sforzo per caratterizzarsi nel modo migliore, non soltanto in campo economico e sociale, ma anche urbanistico e culturale.
COSA VEDERE
Pieve di San Donato Milanese
La pieve di San Donato (in latino: Plebis Sancti Donati) era il nome di un’antica pieve dell’arcidiocesi di Milano e del Ducato di Milano con capoluogo San Donato Milanese.
Il santo patrono era san Donato al quale è ancora oggi dedicata la chiesa prepositurale di San Donato Milanese.
Attestata per la prima volta nel X secolo, la pieve di San Donato Milanese viene ampiamente descritta anche da Goffredo da Bussero che ce ne dà un quadro completo nel XIII secolo. Nel XV sappiamo che la canonica di San Donato Milanese disponeva di un prevosto e di sette canonici che si occupavano della cura d’anime delle sette chiese parrocchiali sottoposte al governo della pieve sandonatese. Ai canonicati, nel XVI si aggiunsero anche le rettorie di Santa Maria di Poaesco e di Zelo e il clericato di San Siro di Triulzo.
Col Rinascimento la pieve assunse anche una funzione amministrativa civile come ripartizione locale della Provincia del Ducato di Milano, al fine di ripartire i carichi fiscali e provvedere all’amministrazione della giustizia. Rispetto al comparto ecclesiastico tuttavia, la pieve secolare era più ampia a nord, comprendendo Morsenchio e probabilmente Lambrate, segno di una possibile podestaria sul tratto locale del fiume Lambro, che tuttavia si estinse nel Seicento.
Dall’epoca del concilio di Trento anche a San Donato Milanese si diffuse la tradizione della vicaria che andò de facto a sostituirsi con l’antica struttura plebana e così la città divenne sede di un vicariato foraneo, il che non fece altro che peggiorare la già instabile situazione religiosa che andava creandosi nel Cinquecento quando già la chiesa di San Martino di Zelo era stata creata parrocchiale nel 1581.
La pieve civile sopravvisse fino al 1797, allorquando il nuovo governo repubblicano instaurato dalle truppe francesi operò una riforma amministrativa che sostituì l’istituto plebaneo con nuovi e più moderni distretti.
In ambito religioso invece, sostanziali mutamenti non ve ne furono sino al XX secolo quando i confini delle pievi dovettero supportare alcuni cambiamenti: in un primo momento rimasero le parrocchie di San Donato, Zelo e Poasco e successivamente, con i decreti del 15 giugno e del 17 dicembre 1963, vennero istituite rispettivamente le parrocchie di Santa Barbara di Metanopoli e Santa Maria Ausiliatrice di Certosa, e il 20 aprile 1966 anche la chiesa di Sant’Enrico di Metanopoli venne elevata a parrocchia. Un ultimo colpo di coda positivo, pervenne nel 1969 quando, alla soppressione del Vicariato di Linate, San Donato ingrandì i confini della propria pieve, ma per breve tempo in quanto anch’essa come le altre pievi lombarde, venne soppressa dai decreti arcivescovili del Cardinale Colombo nel 1972. San Donato divenne quindi sede di un decanato che comprende 10 parrocchie. Parte del suo antico territorio corrisponde oggi al Municipio 4 e al Municipio 5 di Milano.
INFO
Pieve di San Donato Milanese
Piazza Pio XII, 5
20097 San Donato Milanese MI
Chiesa di Sant’Enrico
La chiesa di Sant’Enrico è una chiesa parrocchiale di San Donato Milanese, sita ai margini dell’insediamento di Metanopoli.
La costruzione della chiesa fu ipotizzata inizialmente da Enrico Mattei, allora presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), per servire la parte più recente dell’insediamento residenziale di Metanopoli, abbastanza distante dall’esistente chiesa di Santa Barbara.
In seguito alla improvvisa e tragica scomparsa di Mattei avvenuta nel 1962 si decise di intitolare la nuova chiesa a Sant’Enrico Confessore, in ricordo dell’illustre scomparso.
Il progetto della chiesa e del circostante quartiere residenziale – non realizzato – venne affidato a Ignazio Gardella, che lo completò nel novembre 1963. La costruzione iniziò nel 1964 e si concluse l’anno successivo; nel 1966 venne elevata a parrocchia.
La chiesa sorge nel centro di un ampio spazio libero, che a causa della mancata costruzione del quartiere residenziale previsto in origine ha mantenuto i caratteri naturali della campagna.
L’edificio ha pianta a croce lucchese, delimitata da muri ortogonali a spezzata, che divergono progressivamente e quindi convergono nuovamente verso il presbiterio.
I muri sono interamente in calcestruzzo armato a vista, e sono interrotti in due punti da due tagli orizzontali continui, uno ad altezza d’occhi e uno immediatamente sotto la copertura. Questo crea un effetto di contrasto fra l’illuminazione concentrata e l’aspetto solido delle pareti.
La copertura, con forma a capanna poco pronunciata, è rivestita internamente in legno lamellare.
INFO
Chiesa di Sant’Enrico
Via Felice Maritano, 3
20097 San Donato Milanese MI
Chiesa di Santa Barbara
La chiesa venne progettata all’inizio degli anni cinquanta del XX secolo come parte del nuovo insediamento di Metanopoli, fondato per ospitare la sede direzionale dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) e le residenze annesse. Venne dedicata a Santa Barbara in quanto patrona delle attività minerarie e quindi anche dell’attività di ricerca e produzione idrocarburi svolta dall’ENI.
La chiesa fu posta al centro dell’insediamento, di fronte a un’ampia piazza, e venne fiancheggiata dalla casa parrocchiale, dal battistero e dal campanile.
Il progetto fu redatto dall’architetto aziendale Mario Bacciocchi, e la costruzione fu completata nel 1954. La chiesa fu eretta in parrocchia nel 1963, per servire le necessità spirituali di una comunità in continua crescita demografica.
Il progetto rielabora schemi compositivi tradizionali in una veste architettonica moderna.
La facciata, a capanna, si presenta con un forte cromatismo che richiama le cattedrali toscane; alla base si apre un portico che ripara i tre portali d’ingresso, di cui quello centrale fu disegnato dai fratelli Arnaldo e Giò Pomodoro.
L’interno è a navata unica, con un transetto di larghezza limitata, ed è corredato da numerose di opere d’arte, di cui le maggiori sono i pannelli che decorano il soffitto, di Andrea Cascella, la Via Crucis di Pericle Fazzini, la pale della Madonna della Speranza di Bruno Cassinari, la cappella di Sant’Antonio di Franco Gentilini ed il mosaico absidale della Crocifissione di Fiorenzo Tomea, il terzo per grandezza tra i mosaici a parete europei e primo in Italia.
L’illuminazione del presbiterio proviene da un lucernario superiore.
INFO
Chiesa di Santa Barbara
Piazza Santa Barbara, 2
20097 San Donato Milanese MI