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La convinzione popolare dell’origine etrusca di Melzo è legata all’assonanza con il nome della città estrusca “Melpum”. A tutt’oggi però, tale convinzione non ha trovato nessun riscontro oggettivo ed anzi, si ritiene tale ipotesi infondata.

Tra gli storici antichi che narrano dell’avanzata etrusca in territorio lombardo tra il VI ed il V secolo a.C., Plinio il Vecchio parla nella sua opera “Naturalis Historia” della notorietà di una certa Melpum, aiuta sicuramente a concretizzare un’ipotetica ricostruzione storica, ma mancano testi che diano conferme oltre la somiglianza fonica del nome e della posizione geografica.

Per meglio chiarire le origini della nostra Città, non sono sufficienti i ritrovamenti archeologici, quali:

  • Il Sepolcreto pre-romano, scoperto nel 1926, sembrerebbe testimoniare un’epoca precedente alla prima invasione gallica ed una periodizzazione più antica di quella etrusca.
  • Il Cippo Funerario, ritrovato a pochi chilometri dalla Città, nei pressi della cascina Gardino di Comazzo, creato in tempo neoclassico e non da mano etrusca.

Il finire del XII secolo vede il territorio milanese soggetto a guerre per il dominio di Milano. Melzo viene conquistato dalla casa della Torre (o torrioni). Fino al XIV secolo Melzo non riscuote molta importanza sul piano agricolo della regione. Nel secolo successivo le continue guerre tra Venezia e Milano vedono in Melzo un crocevia imprescindibile, di conseguenza se ne ha una considerevole rivalutazione.

12 Luglio 1412: data importante perché il duca Filippo Maria Visconti emana un decreto nel quale si stabilisce la nascita di Melzo a nuovo feudo, aggregando in esso feudi ecclesiastici estinti e terre libere. Melzo diventa così la sede delle avanzate milanesi, in questo modo però va via via impoverendosi perché è soggetta alle continue distruzioni che la vedono protagonista nelle guerre contro Venezia (1431-1448). Tutta questa situazione causa la rovina dei raccolti e dei mulini, sino ad arrivare alla diffusione di epidemie letali.
La pace viene ritrovata dal 1450, quando Melzo assolve la funzione di retrovia. Nonostante questo i problemi di Melzo sono ancora tanti: tra questi i maggiori si identificano con le ingenti tasse e gli alloggi delle milizie da sfamare.

Nel 1466, dopo la morte di Francesco Sforza, il ducato passa nelle mani del figlio Galeazzo Maria che nel 1475 dona il borgo in feudo all’amante Lucia Marliani, della famiglia dei podestà di Melzo. Il tutto dura poco, perché dopo la morte di Galeazzo la Marliani è costretta da Lodovico il Moro, signore di Milano, a rinunciare al feudo.

Le guerre sembrano non finire e il re di Francia, abbandonando Lodovico il Moro, si allea con i veneziani affidando il comando del suo esercito al capitano Gian Giacomo Trivulzio che, dopo tortuose guerre, sconfigge Lodovico il Moro. Il Trivulzio viene ricompensato da Luigi XII prendendo possesso di Melzo, correva il 6 settembre 1499. Questo segna il passaggio di Melzo da feudo a marchesato.
Nel 1522 Melzo non resiste all’ attacco della fanteria del marchese di Pescara, questo significa che i Trivulzio perdono il possesso della signoria melzese riacquistata dagli stessi nel 1532.

L’autonomia del borgo

Con il passare del tempo il feudo di Melzo, con le sue problematiche e la sua gestione, si allontana sempre di più dai signori milanesi, la cui figura autoritaria lascia il posto alla presenza del podestà incaricato di seguire più da vicino le vicende del borgo. Nel 1556 si assiste alla definitiva dominazione spagnola del borgo melzese, questa si protrae per tutto il XVII secolo. Questo periodo rappresenta per Melzo un momento difficile, in quanto è gravata da nuove tasse, con un’agricoltura che si sta impoverendo perché relegata nelle mani di poche persone. Conseguenza di ciò è il forte peggioramento delle condizioni di vita del borgo. Nel 1678 muore il principe Antonio Teodoro Trivulzio senza lasciare eredi, quindi il suo vasto feudo viene messo in vendita. I benestanti e i possidenti partecipano all’asta e il feudo di Melzo riacquista l’autonomia: corre il 3 maggio 1691.

Sei, Sette e Ottocento nel borgo

In questo periodo le notizie ritornano ad essere frammentarie: si parla di frequenti epidemie e pesti durante il Seicento, e della continua perdita e riconquista dell’autonomia comunale durante tutto il Settecento. Melzo è centro agricolo tra i maggiori del territorio e vede sorgere diverse manifatture tessili.

Nel 1770 viene costruito un ospedale per volere di Maria Teresa d’Austria, chiamato Santa Maria delle Stelle, invece per quanto concerne l’istruzione si deve attendere il1823 perché venga costruita una scuola pubblica.

L’Ottocento rappresenta per Melzo un periodo di nuova funzionalità del sistema d’irrigazione delle campagne, che progredisce con le nuove ed importanti trasformazioni economiche. A questo punto, il borgo si dimostra più consono alle esigenze di una popolazione che va sempre più raffinandosi anche nello stile abitativo.

  • Palazzo Trivulzio viene comprato nel 1886 dal Comune per adibirlo a sede delle scuole elementari e dell’asilo infantile;
  • Attorno ai cortili si riunisce e si svolge la vita cittadina quotidiana.

Dopo la riapertura dei filatoi nel 1838, la manifattura tessile diventa il settore economico trainante di questo nuovo impulso produttivo. Carlo Ghisleri fonda uno stabilimento per la lavorazione della seta; importante è anche la lavorazione del cuoio e del pellame. Il più antico laboratorio risale al 1838, per opera di Giuseppe Casanova. L’8 gennaio 1860 furono indette le prime elezioni per il Sindaco di Melzo e vennero vinte dallo stesso Casanova.

La seconda parte di questa evoluzione economica vede un cedimento nella produzione tessile, a favore di quella casearia ed in seguito metalmeccanica. E’ il 1896 quando, nella Cascina Triulza, arriva Egidio Galbani come lattaio, che già lavorava in un’azienda casearia a Maggianico di Lecco, producendo la Robiola ed un formaggio chiamato Margherita.

Il 1906 è l’anno in cui viene attribuita a Galbani l’ideazione del “Bel Paese”: si presenta con una consistenza similare al burro, di sapore dolce; questo vestirà gli abiti di un successo ottenuto su scala mondiale. Inizia anche l’attività degli Invernizzi, il cui nome oggi è conosciuto in tutto il mondo. Il noto marchio della casa suddetta fu fondato nel 1928.

Il Novecento

L’esperienza fascista trova in Melzo un nucleo urbano profondamente cambiato. Presunta responsabile di questa mutazione sembra essere stata l’affluenza immigratoria che dagli anni Venti spinge dal bresciano, dal cremonese e dal cremasco.

Si vede un’espansione della periferia a discapito del centro del borgo: è lasciato al completo degrado ed abbandono. Con gli anni Sessanta si apre forse il decennio di massimo disordine, legato alla continua e forte ondata migratoria. Nel 1971 Melzo tocca e supera i 17.000 abitanti.

Gli anni Settanta vedono consolidarsi un nuovo ordine urbanistico, reso visibile dall’adozione del nuovo Piano Regolatore e di piani di recupero del centro storico.

Il decennio successivo si configura, per Melzo, come un anno di crescita del settore terziario avanzato, dell’insediamento di un nuovo stabilimento editoriale, della diffusione di nuovi esercizi commerciali e della fine della proprietà dei grandi complessi industriali.

Per venire ai giorni nostri il cinema Arcadia, grande complesso di alta tecnologia per la visione di film, rappresenta il simbolo di un effettivo cambiamento in atto. Soggetti a modifiche di miglioramento sono anche gli edifici storici, quale Palazzo Trivulzio: attraverso una compiuta ristrutturazione edilizia si sono riscoperti perduti affreschi pittorici.

Oggi è difficile trovare nella campagna trasformata da un paesaggio urbano in rapido cambiamento le origini contadine di una città che nei secoli ha visto la frammentazione delle proprie tradizioni, ma che nello stesso tempo ha saputo gestire lo sviluppo socio-economico senza perdere la memoria del proprio passato.

L’arte leonardesca

Vi sono persone che, per passione, si dedicano alla tutela dei capolavori artistici della propria città riportando alla luce, salvandoli dal degrado, affreschi quattrocenteschi andati “smarriti” perchè rimasti nascosti per secoli sotto strati d’intonaco.

Giunti a questo punto, è frutto di congetture sapere dove possa sorgere esattamente Melpum (o Melphum); da studi fatti in proposito la si può collocare su un terreno di natura paludosa, caratteristica tra l’altro dell’intera pianura, per cui abbastanza fertile da diventare l’obiettivo delle future invasioni, per esempio quelle celtiche.

Importanti cambiamenti si potranno vedere nel periodo della dominazione romana, quali le opere di disboscamento e di sistemazione idraulica, per quanto concerne l’aspetto prettamente agricolo. Si sviluppano anche tecniche ed attrezzi idonei alla manutenzione dei prodotti e alla cura del territorio. Tutto ciò comporta anche un incremento dell’allevamento ed un conseguente sviluppo di artigianato di sussistenza.

La sorte della cittadina segue di pari passo le vicende economiche dell’impero romano, andando incontro alle stesse malaugurate sorti dovute alle invasioni barbariche.

Il 539 d.C. è l’anno in cui, probabilmente, Melzo viene distrutta per opera dei soldati di Uraia, nipote di Vitige re dei Goti.

Ininfluenti furono i tentativi di riportare la cittadina agli antichi splendori, vani risultarono la costruzione di mura e fortificazioni. Melzo aveva, così, perso la forza necessaria per una reale indipendenza e autosufficienza: ciò significava entrare di fatto nell’orbita politica ed economica della vicina Milano.

Tra il VII ed il X secolo, periodo della dominazione longobarda e del regno dei Franchi, si suppone che Melzo sia organizzata su una comunità rurale che vede liberi proprietari, autogovernati, affiancati da coltivatori che tengono un terreno per conto di altri, laici od ecclesiastici.

Dal IX secolo si hanno notizie di sistemazione e di miglioramento idrico per quanto concerne l’agricoltura praticata nella pianura lombarda. L’intero territorio si ricopre di fortificazioni e si popolano i centri abitati; ma si deve attendere il secolo successivo per ritenere modificata la vita del piccolo centro. E’ il XII un secolo veramente importante per Melzo perché diventa comune rurale, riconoscendosi quale “borgo”.

In questa fase inizia una sistematica e profonda opera di ricostruzione, a cui contribuiscono i monaci delle abbazie ed i coltivatori locali, sui quali si fonderà l’espansione economica e produttiva che nel Quattrocento vedrà l’introduzione di nuove colture (si pensi all’invenzione del “prato invernale”, ideale per lo svernamento delle mandrie).

Grazie a questa persone, unitesi nell’associazione culturale “Amici di Sant’ Andrea”, è stato possibile “ridare” alla comunità melzese uno dei più importanti monumenti della città. La chiesa di Sant’Andrea ospita varie testimonianze artistiche e, da anni, l’associazione sta approfondendo in quale misura l’influenza della scuola leonardesca abbia lacsciato il segno in quel di Melzo.Per ulteriori informazioni si rimanda al libro “Chiesa di Sant’ Andrea: storia, arte, ricerche e misteri leonardeschi”. In questo volume sono presentate le ricerche ed i lavori effettuati sulla chiesa: dal recupero dell’edificio, alla scoperta degli affreschi ed al loro restauro, dalla ricerca d’autori e committenti, allo studio della simbologia Andreana, fino alle ricerche di medicina legale relative al teschio ritrovato (ipotesi di attribuzione a Galeazzo Maria Sforza) e di grafologia.

Sei vuoi saperne di più clicca sul sito: www.amicisantandrea.co

COSA VEDERE

Torre Civica

A partire dalla metà del Quattrocento costituiva il campanile della Chiesa di Sant’Ambrogio, ampliata dai Marliani e ristrutturata dai Trivulzio. Una costruzione, però, mai conclusa, che nel primo Ottocento fu abbattuta. 

La grande chiesa occupava buona parte della piazza principale, esistente fin dalla fondazione dell’antico villaggio altomedievale chiamato Mellesiate e poi Meleso. Vi sorgeva già molto prima del Mille la chiesa più antica, intitolata anch’essa a Sant’Ambrogio, oltre al pozzo dell’acqua potabile. Il porticato è databile al più tardi dal Trecento.

La Colonna di Sant’Alessandro, al centro della piazza, sorge su una base più antica che nel medioevo fungeva da altare per solenni celebrazioni. Denominata “Albero della Libertà” in epoca napoleonica, nel 1807 il comune ripristinò il nome legato al santo patrono. La statua in bronzo fu collocata nel 1953 in occasione della proclamazione di Melzo a città, in sostituzione della precedente in pietra, poi andata perduta.

INFO
Torre Civica

Piazza Vittorio Emanuele II, n. 1
20066 Melzo MI

Colonna di Sant’Alessandro

In piazza Vittorio Emanuele II, l’antica Piazza grande, c’è la colonna di sant’Alessandro, compatrono della città, risalente al 1704.

Venne provvisoriamente trasformata in “Albero della libertà” nel 1796, sull’onda dell’entusiasmo per l’arrivo a Milano di Napoleone e successivamente abbattuta al suo declino.

INFO
Colonna di Sant’Alessandro

Piazza Vittorio Emanuele II°
20066 Melzo MI

Chiesa di Santa Maria delle Stelle

Negli ultimi anni del Quattrocento costituiva già il luogo di culto del Convento dei Carmelitani. Diventò la cappella del nuovo Ospedale negli anni Settanta del Settecento. All’interno un affresco anonimo con un’immagine mariana, di fattura luinesca, gravemente danneggiato da interventi successivi.

Istituito con decreto di Maria Teresa d’Asburgo nel 1770 approvando il Piano dell’Arcivescovo milanese Giuseppe Pozzobonelli, l’Ospedale di Santa Maria delle Stelle fu edificato ristrutturando il Convento. La costruzione fu realizzata a partire dal 1773 per incarico del marchese Teodoro Giorgio Trivulzio dal capomastro Crippa su progetto di Giuseppe Piermarini, spesa prevista 14.895 lire.

Il Cimitero antistante fu realizzato negli anni 1819-1820 per rispettare le nuove disposizioni governative. Utilizzato dal 1° gennaio 1822, era circondato da un alto muro con finestre e aveva al centro una piccola cappella. Ingrandito negli anni Ottanta dell’Ottocento e dotato di un nuovo monumentale ingresso, vide numerosi ampliamenti nel Novecento con la nuova cappella centrale ed edifici laterali.

INFO
Chiesa di Santa Maria delle Stelle
Via Monte Cervino, 23
20066 Melzo MI

Chiesa di Sant’Alessandro e Santa Margherita

La chiesa di S. Alessandro è un gioiello di architettura. Ha un bel campanile romanico a bifore, l’abside poligonale con la volta a crociera e la sacrestia. E’ una chiesa molto antica con una struttura in stile gotico lombardo rimaneggiata nel 1863.

La pianta potrebbe risalire, invece, al periodo romanico (XI – XII secolo). Inizialmente era una semplice abbazia dedicata al S. Nome di Dio.

Nel 1555, per volere del Vescovo di Lodi, venne dedicata ai Santi Alessandro e Margherita.

L’interno a navata unica è scandito da grandi archi con cappelle laterali.

La preziosa decorazione murale è dovuta in parte ad interventi tardo-ottocenteschi.

Vi compaiono il Martirio di Santa Caterina d’Alessandria, firmato nel 1569 da C. Magnani.

Nella terza cappella sulla destra è situato l’affresco proveniente dalla chiesa di san Francesco del Cristo morto, attribuito a Giovanni Battista Crespi detto il Cerano.

L’altare della Madonna del Rosario è reso più piacevole dai cromatismi delle sue colonne di marmo verde di Verona.

Nel 1912 l’edificio è stato dichiarato monumento nazionale.

INFO
Chiesa di Sant’Alessandro e Santa Margherita

Via Sant’Alessandro, 13
20066 Melzo MI

Chiesa di Sant’Andrea

La chiesa di Sant’Andrea a Melzo risale all’XI o XII secolo. Contiene affreschi attribuibili alla scuola di Leonardo da Vinci. Nasce come oratorio e cappella privata.

La fondazione avviene a opera di cittadini melzesi con diritto di Jus et patronatus e nomina dei canonici sin dal XIII secolo.

Ha una pianta rettangolare, con navata, muri di pietra e originario stile gotico-lombardo che si trasforma in barocco nel Settecento. Gli affreschi sono della fine del Quattrocento.

Durante i lavori di restauro iniziati nel 1980 è stato rinvenuto un teschio, all’interno dell’abside, oggetto d’indagine per gli studiosi nell’ipotesi, successivamente ai risultati delle analisi non definitivamente accertata, che appartenesse ai resti di Galeazzo Maria Sforza duca di Milano.

Nella chiesa, secondo l’associazione locale Amici di Sant’Andrea, Bernardo Zenale realizzò con Bernardino Butinone il trittico dell’Immacolata Concezione con gli offerenti a destra santa Caterina d’Alessandria, a sinistra san Girolamo. I committenti che l’associazione melzese ha identificato dalla loro simbologia sarebbero Caterina Sforza Riario figlia di Galeazzo Maria Sforza, e il marito Girolamo Riario. La loro presenza rievocherebbe la congiura contro Galeazzo Maria Sforza del 1476, riproposta nella cappella Grifi e realizzata da Zenale e Butinone nella chiesa di San Pietro in Gessate.

Secondo una ricerca recente, al contrario, gli affreschi dell’abside risalgono parte al 1524, per opera di Nicola Mangone detto il Moietta, parte al 1573-74 per opera di Ottavio Semino. È stato il professor Giovanni Agosti in un suo libro sul Mantegna il primo studioso ad attribuire l’affresco all’arte del Moietta. Il professor Giulio Bora, notissimo esperto della pittura del Cinquecento lombardo, insieme agli storici dell’arte Federico Cavalieri e Stefano Bruzzese, confermano e sostengono autorevolmente queste attribuzioni.

Il Card. Federico Borromeo, visita la Chiesa di Sant’Andrea il 24 luglio 1605, descrive gli affreschi sopra l’altare molto antichi la Beata Vergine, santa Caterina d’Alessandria e san Girolamo. Sui pilastri dell’abside, sotto l’affresco di Santo Stefano, c’è il simbolo della Croce di Sant’Andrea, su quello sotto a Sant’Antonio Abate, il simbolo simile alla quadratura del cerchio, ritrovato sul Codice Atlantico di Leonardo da Vinci ora nella Biblioteca Ambrosiana di Milano.

Nicola Mangone detto il Moietta, probabilmente conosce e frequenta Bernardo Zenale, anche lui andato a Padova dal Mantegna e, sembra, che la Vergine dell’abside in S. Andrea con relativa conchiglia, sia stata realizza dallo Zenale verso la fine del il 1490 ca, non nel 1524, come alcuni sostengono.

Caterina Sforza Riario, venne invitata da Forlì a Milano nel 1486 per rievocare alcuni fatti che riguardavano la morte di suo padre Galeazzo Maria Sforza. Occasione per conoscere la Contessa di Melzo Lucia Marliano, amante di Galeazzo e i due figli da lui avuti, il Contino di Melzo e Ottaviano, fratelli naturali di Caterina. Riconosciuta offerente del trittico affrescato nell’abside in Sant’Andrea dallo Zenale, dalla simbologia applicata come Croce di Sant’Andrea. Nel castello di Milano conosce Leonardo da Vinci, educata culturalmente da papa Sisto IV in Vaticano, conobbe i pittori della bottega del Verrocchio che stavano affrescando la Cappella Sistina. Motivo della conoscenza con Leonardo che la ritrarrà con l’ermellino.

Difficile venga scritto dove trovare il cadavere del duca: solo attraverso i versi di un poeta come il Bellincioni, simboli voluti e applicati dalla committenza sulle proprie vesti in opere dipinte, possono contribuire a questa pista enigmatica. La Dama con l’ermellino di Leonardo da Vinci potrebbe essere d’aiuto se notiamo i simboli della Croce di Sant’Andrea sul vestito, oltre al significato toscano dell’ermellino, detto comunemente Albero di Sant’Andrea = Legno = Croce. Il mistero di questo simbolo si colloca sul nome dell’assassino di Galeazzo Maria Sforza, Giò Andrea da Lampugnano, che si vede negli affreschi dello Zenale nella cappella di Sant’Ambrogio da Ambrogio Grifo in San Pietro in Gessate a Milano.

INFO
Chiesa di Sant’Andrea
Via Agnese Pasta
20066 Melzo MI

Chiesa di San Francesco

Edificata nel 1647 col nome di “Oratorio dei Vivi e dei Morti” dal nome della congregazione omonima dedita al suffragio dei defunti. Indicata popolarmente come chiesa di San Francesco, questa intitolazione prevalse dal secolo successivo. Il recente restauro si è concluso nel 2010. All’interno: altare laterale seicentesco ad uso della congregazione, in stucco bianco con angeli e pendoni di frutti, e altare maggiore settecentesco, ligneo e con decorazioni ad intarsio. Negli altari laterali, sinopie di affreschi ora trasferiti nella chiesa Parrocchiale.
La chiesa era inserita nella contrada Bovera, la zona a nord-est del borgo medievale, il cui nome derivava da quello di un antico mulino. La Porta Bovera serviva, secondo il console Gerolamo Villa (testimonianza del 22 aprile 1690) “a chi viene dal cremasco”. Da lì usciva una strada di campagna che conduceva fino alla cascina Gabbarella. Lungo il quartiere scorreva la roggia Molina, che spesso la inondava.

INFO
Chiesa di San Francesco

Piazza S. Francesco
20066 Melzo MI