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Gaggiano è un Comune di superficie piuttosto ampia rispetto alle medie della provincia milanese, si estende infatti su una superficie di 26,6 Kmq di cui 24 Kmq rientrano nei confini del Parco Agricolo Sud. I suoi soli 2 kmq di urbanizzazione lo caratterizzano come uno dei paesi più verdi della cintura del sud-ovest milanese.

Si trova a 14 km da Milano in direzione ovest-sud-ovest sulla strada provinciale Vigevanese, praticamente a mezza via tra Abbiategrasso e Milano. Lo si può anche raggiungere percorrendo la strada Provinciale 59, Vecchia Vigevanese, antica strada postale che da Milano conduceva a Vigevano.

La Strada Statale 494 taglia fuori il capoluogo, circostanza fortunata perché troppo traffico toglierebbe fiato al clima piacevole e disteso che si incontra giungendo sulle rive del canale che un tempo terminava a Gaggiano e per questo motivo veniva chiamato “Navigium de Gazano”.

Con un gradevole centro storico attorno al corso del Naviglio Grande, Gaggiano ha mantenuto bene i suoi toni di paese, con bassi edifici storici che si specchiano nell’acqua, e atmosfere – quasi incredibile, ai limiti del dilagare della metropoli – ancora d’epoca fra acciottolati e muri antichi.

Oltre al centro principale il territorio comunale si estende nell’abitato minore di Bonirola, che si incontra lungo il Naviglio verso Milano, i due borghi agricoli di San Vito e di Fagnano a nord del canale, Barate fra i campi a sud e, a breve distanza da Barate, Vigano Certosino, quest’ultima piuttosto importante per la recente ristrutturazione dell’antico fortilizio locale in Casa certosina.

Volendo citare tutto, lungo il Naviglio ci sono altre località di Gaggiano segnalate dai cartelli stradali; si tratta di Cascina Rosa, della Bettolina e della Barbattola, verso Abbiategrasso.

 

La storia

Gaggiano è ricordato, già nel 1146, in vari strumenti relativi a terreni che certi Girardo e Giovanni Boccardi di Milano tenevano per feudo; allo stesso modo, sempre per atti inerenti ad investimenti di terreni, un secolo prima (nel 1054) viene ricordata la località di Barate. E’ noto che un tale Alberto da Gaggiano, preposto di Lodi, nel 1168 ricevette dall’Arcivescovo S. Gandino l’intimazione di scostarsi dal partito dello scismatico Federico I di Svevia, detto “Il Barbarossa”, Imperatore tedesco che nel marzo 1159, mentre preparava un’imboscata contro i milanesi, aveva attestato a Gaggiano parte delle truppe dei propri alleati.

Più di un secolo dopo, nel 1274, il Carroccio dei Milanesi, sostò a Gaggiano mentre era diretto contro i pavesi. A Gaggiano, lungo il percorso del canale, sono inoltre ancora presenti numerosi lavatoi, a testimonianza di una presenza fondamentale del Naviglio nella vita quotidiana del paese. Anche l’agricoltura, favorita dall’abbondanza di acque per l’irrigazione, ebbe fin dal Medioevo una notevole importanza, suggerita dalla presenza di insediamenti agricoli creati dagli ordini religiosi dei Certosini (Frazione Vigano), dei Benedettini (Cascina Montano) e dei Vescovi di Milano (Frazione Barate). Di grande interesse è in particolare la frazione Vigano Certosino, un antico insediamento monastico (mentre gli antichi documenti la descrivono come castello), già dipendente dalla Certosa di Pavia e che fino al 1769 fu appunto possedimento dei Certosini (che nel 1400 avevano ricevuto estesi terreni da Gian Galeazzo Visconti) che la utilizzarono come loro residenza o come casa di abitazione comune; l’edificio, ancora conservato, presenta tracce di dipinti di epoche varie.

In quel loro dominio, i Certosini dal 1497 al 1511 edificarono una piccola Certosa che, nonostante le trasformazioni successive, ha conservato quasi intatta la facciata, pregevole per i dipinti del pittore pavese Bernardino de’ Rossi, cui, fino al 1894 non erano attribuite lo erano in modo dubbio. Dall’attenta lettura dei manoscritti del certosino Matteo Valerio, conservati nella Biblioteca di Brera, risulta invece che fu proprio Bernardino de’ Rossi a dipingere la Certosa di Vigano “dal 15 gennaio al 9 aprile 1511”. Così alle sue glorie di aver lavorato nella Certosa di Pavia, sono infatti opera del suo pennello gli affreschi della porta grande della Certosa, si aggiunse quella di aver fatto opera migliore a Vigano. Al De’ Rossi furono poi attribuiti anche i dipinti del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie e di alcune sale del Castello Sforzesco di Milano.

 

COSA VEDERE

Cappella della Madonna del Dosso

 

La Cappella della Madonna del Dosso sorge tra le cascine Baitana e Cantalupo, nel territorio di Gaggiano ed è una piccolissima costruzione, di circa 36 mq con un portico sul davanti largo quanto la cappella stessa, profondo circa 2 metri e sostenuto da due pilastri.

Sotto al portico due panche di pietra offrono agli escursionisti la possibilità̀ di sedersi in modo da potersi godere il silenzio e la tranquillità̀ del luogo.

La porta di accesso è in ferro mentre ai lati ci sono due finestrelle chiuse da una inferriata di sicurezza e da una fitta rete metallica. Altre due finestre sono presenti nelle pareti laterali.

All’interno, in posizione centrale sulla parete di fronte all’ingresso, fa bella mostra di sè il piccolo altare sopra il quale una tela riproduce l’Annunciazione mentre a lato è presente un quadro raffigurante una Madonna che allatta il Bambino.

INFO

Cappella della Madonna del Dosso
20083 Gaggiano MI

Certosa di Vigano Certosino e Oratorio di S. Ippolito

La notizia più antica relativa al borgo di Vigano è del 1118, anno in cui un certo Leopertus de Vigano vende dei beni di quel luogo. E’ verosimilmente di quel periodo la costruzione del castello, da intendersi come casa fortificata, protetta da un fossato, superabile con un piccolo ponte levatoio e un ponte fisso, con un cortile interno e una colombaia. L’arrivo dei frati Certosini lo trasforma in convento, la cui dimensione è quella che possiamo vedere.

L’edificio si trova al centro di un podere che si espande a seguito di acquisti, permute e donazioni fino a comprendere alcune cascine ancora esistenti: Guzzafame (detta anche Guzafiume) e San Pietro; altre, ormai abbattute, erano Santa Maria (vicina a San Pietro) e Fontana (oggi complesso edilizio di fronte al muro del giardino della Certosa).La proprietà dell’edificio e dei poderi circostanti è assegnata alla Certosa di Pavia (appena costruita) da Gian Galeazzo Visconti nel 1400, togliendola d’imperio a Jacopo Dal Verme (il condottiero che l’aveva avuta in dono dallo stesso duca).

La Certosa di Pavia è perciò riprodotta in un affresco in gran parte consumato sopra il portone d’ingresso. Lo sviluppo del borgo di Vigano è dovuto all’attività dei Certosini che, da ultimo, tracciano anche la strada che conduce a Gaggiano. I loro beni vengono requisiti nel 1769, quando l’ordine viene sciolto dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria. La Certosa diventa casa padronale del podere denominato della Fontana e tale rimane fino all’ultimo scorcio del Novecento.

In anni recenti è stata restaurata e ospita attualmente tre famiglie e un’associazione culturale (Mambre). E’ riconoscibile sull’angolo della facciata il laboratorio del fabbro.

Risale alla metà del Cinquecento l’Oratorio che si trova all’interno del complesso, dedicato a Sant’Ippolito e i cui affreschi sono stati affidati ad Aurelio e Giovan Pietro Luini (due dei quattro figli del più celebre Bernardino Luini) nel 1578 dalla Certosa di Pavia. Le scritte Gra Car testimoniano la committenza dei Certosini. Oltre a rappresentazioni riguardati la vita del Santo al quale l’oratorio è dedicato, numerosi sono i riferimenti alla vita dei monaci e al suo Santo fondatore, San Brunone. Degno di nota è anche il soffitto ligneo a cassettoni, dipinto probabilmente a tempera e riccamente decorato.

Anche l’Oratorio è stato riportato alla luce in anni recenti, dopo essere stato adibito, prima dall’esercito napoleonico, poi dal Regno d’Italia a Corpo di Guardia e, nella prima metà del Novecento, ad abitazione privata.

Curiosità: Sulla parete dove era sistemato l’altare, non dipinta, si trovava una pala riproducente nel mezzo la Vergine col bambino, a destra S. Sebastiano e a sinistra S. Rocco. L’autore fu identificato come Ambrogio da Fossano da uno studioso d’arte milanese, Girolamo Luigi Calvi. Il quale fu a lungo proprietario di un possedimento a San Vito di Gaggiano.

[dal sito del Comune di Gaggiano]

INFO
Certosa di Vigano Certosino e Oratorio di S. Ippolito
Piazza S. Brunone, 18
20083 Gaggiano MI

 

Palazzo Stampa Aloardi (o Villa Marino)

Questo edificio si trova sulla riva sinistra del Naviglio, a pochi passi dal Ponte Vecchio. Conosciuto come Palazzo Marino, da quando nell’800 si è dato rilievo a una tradizione popolare diffusasi (la leggenda di Ara bell’Ara) assieme alla cattiva lettura di un’opera storica del secolo precedente. Una visita del Palazzo, il più antico esistente nel capoluogo del territorio, non è possibile se non in qualche rara occasione, come nelle aperture concordate col FAI, Fondo Ambiente Italiano.

L’ingresso principale è dalla sponda del Naviglio, attraverso un’esedra formata da sei pilastri sormontati da vasi in pietra (quelli che recavano lo stemma della famiglia Cantoni) uniti da un muro che dà forma concava allo spiazzo. Al centro un cancello oltre il quale il viale d’accesso (in altri tempi circondato da alberi, da fiori e da frutta) porta al Palazzo. L’edificio ha subito diversi rimaneggiamenti, mantenendo la pianta ad U. Il pianterreno presenta un portico con cinque archi ed è diviso da un passaggio centrale che lascia intravedere la prosecuzione del viale in uno più modesto che porta alla campagna; sotto il portico si aprono, a destra, l’ingresso all’abitazione del fittabile e, a sinistra, lo scalone che occupa tutto l’avancorpo sinistro della costruzione.

All’interno sono ancora visibili alcuni degli affreschi che abbellivano i saloni, purtroppo non tutti (buone riproduzioni fotografiche sono presenti su alcune pubblicazioni presso il sistema bibliotecario). Un esame da vicino conferma, proprio per l’irregolarità dell’impianto, i numerosi rifacimenti che lo stesso ha subito: cinquecentesco l’interno; posteriori sia al Marino sia a Massimiliano Stampa, del Seicento e del Settecento, gli interventi sull’esterno.

Il Palazzo è ancora circondato, in parte, dagli edifici rustici in origine assai più numerosi, che costituivano l’azienda agricola; così come si vedono tracce di un ampio giardino. Sono scomparsi del tutto altri elementi, come la fontana che si trovava al centro del piccolo piazzale prospiciente il portico, la grande stalla che conteneva oltre cento mucche da latte e la pileria per la lavorazione del riso.

Curiosità: Legata al Palazzo vive, dai primi dell’Ottocento, la leggenda cosiddetta di Ara bell’Ara. Ha per protagonista il Tommaso Marino nelle vesti di un vecchio violento e licenzioso e la giovanissima Ara Cornaro da lui fatta rapire a Milano, imprigionata nel palazzo e infine uccisa per esasperazione, dato che non cedeva ai suoi desideri. Dalla leggenda è nata una filastrocca, in uso per i giochi infantili fino agli anni Sessanta del secolo scorso (Ara bell’Ara/discesa Cornara/ dell’or e del fin/del cont Marin…)

[dal sito del Comune di Gaggiano]

INFO
Palazzo Stampa Aloardi (o Villa Marino)
Via Beno de Gozzadini, 27
20083 Gaggiano MI

Palazzo Venini-Uboldi

Giorgio Venini comincia nel 1719 la costruzione dell’edificio che poi cederà nel 1744, morendo, al fratello più giovane, Francesco. Nel 1750 Francesco Venini aggiunge al palazzo l’oratorio, che prenderà il suo stesso nome, dedicato al santo Francesco.

Saranno i suoi nipoti, Cozzi, figli della sorella Maddalena, ad aggiungere all’Oratorio la torretta campanaria nel 1758. Nel 1786 vengono poste ai due lati dell’ingresso delle lapidi in cui si ricostruisce l’origine dell’edificio.

Nel 1791 Pietro Cozzi, erede di Giorgio e Francesco Venini, istituisce col proprio testamento la prima scuola pubblica di Gaggiano, destinata (e riservata) ai giovani residenti in paese chiamandola espressamente “Scuola dei conti”, con riferimento ad una delle materie che vi si sarebbero dovute insegnare a cura di un maestro a cui era assicurato uno stipendio da attingere alla rendita del capitale a ciò destinato e con l’uso gratuito di una camera d’abitazione e di un orto posto dietro al palazzo.

Attraverso successivi passaggi di proprietà, o a titolo ereditario, o per vendita, il Palazzo perviene al nobile Pompeo Calvi, noto nel mondo della cultura milanese come pittore (un suo quadro finisce alla corte di Vienna).Il Palazzo Venini Uboldi ha un impianto a “U” la cui base è costituita dal corpo principale rivolto a nord, verso il Naviglio e le due braccia da costruzioni di servizio allungate verso sud (stalle, magazzini, fienili, laboratori artigiani) che si avvicinano nella parte terminale per condurre all’ingresso del giardino.

Alla fine dell’Ottocento comprendeva dodici locali al piano terra, sedici al primo piano e dieci al secondo, con affreschi distribuiti soprattutto sulle pareti dello scalone. Al momento della costruzione c’erano due rogge in uscita dal Naviglio che correvano lungo le ali dell’edificio e andavano ad alimentare il giardino prima di proseguire verso la campagna. E’ ancora riconoscibile la porticina sul lato orientale che, in origine, godeva di un ponticello fisso sopra la roggia Delfinona (oggi coperta da Via Gramsci)

Curiosità: Nel 1917 l’edificio ospitò diversi prigionieri austro-ungarici inviati a Gaggiano per lavorare i campi al posto dei contadini gaggianesi che si trovavano al fronte.

INFO
Palazzo Venini-Uboldi
Via Roma, 10
20083 Gaggiano MI

Casa Camurati

 

L’edificio reso caratteristico dalla torretta merlata è stato costruito fra il 1805 e il 1815 e porta il nome della famiglia Camurati, insediatasi a Gaggiano all’inizio dell’Ottocento. Nel 1815, anno in cui gli Austriaci tornano a governare la Lombardia, una parte del cortile viene occupata dalla Gendarmeria, che nel 1859, dopo la battaglia di Magenta, diventa caserma dei Carabinieri Reali e tale rimane fino al 1924. La caserma era dotata anche di due celle, una per gli uomini e una per le donne e fece in tempo ad avere fra i propri militi anche un concittadino, Luigi Del Bel Belluz, detto el Barbison, poi trasferitosi nella vicina San Vito. La torretta era destinata semplicemente all’uccellagione, come s’intuisce dai numerosi fori ancora rimasti nelle pareti, destinati ad attirare volatili di piccola taglia col richiamo del mangime messo all’interno e del calore contro i rigori dell’inverno. Il diametro del foro diminuisce verso l’interno e non consente al passerotto che vi è passato in un verso, di infilarsi dal verso opposto, rimanendo imprigionato nel locale e perciò facile preda del proprietario della torretta. La merlatura di tipo ghibellino è quasi certamente una scelta operata dalla famiglia, fin dai primi anni caratterizzata da un atteggiamento ostile al clero, quasi per contrastare la presenza imponente del campanile.

Le pareti esterne rivolte a ovest erano intonacate a losanghe graffite, coloritura che è andata persa negli anni precedenti l’ultima guerra.

Le alte finestre del primo piano erano in origine sovrastate da lunette con i ritratti di celebri personaggi; sono andate perse quelle sul lato est (a causa della costruzione appoggiata in un secondo tempo a quella parete) e quelle sul lato ovest, mentre un recente restauro ha consentito di rendere nuovamente leggibili quelle sul lato sud che riproducono Amerigo Vespucci, Castruccio Castracani, Pico della Mirandola e Josè Garcilaso de la Vega.

Curiosità: Lungo le due sponde del Naviglio erano stati ricavati dei piccoli vani per ospitarvi i lavatoi. Ne sono esistiti 62, di cui 12 nel tratto che attraversa Gaggiano; ognuno di essi era di proprietà privata ed apparteneva al titolare dell’edificio prospiciente il lavatoio. Quello di proprietà Camurati è stato l’ultimo ad essere utilizzato.

[dal sito del Comune di Gaggiano]

INFO
Casa Camurati
SP59
20083 
Gaggiano MI

Bosco dei 100 passi

All’immediata periferia di San Vito si trova un’area di circa 16 ettari, pari a 160.000 metri quadrati, un terreno da sempre a destinazione agricola che la Magistratura ha confiscato ad una persona condannata per mafia affidandolo nel 2005 al Comune di Gaggiano che vi ha progettato un parco aperto al pubblico.

La piantumazione è stata eseguita da ERSAF (Ente Regionale Servizi all’Agricoltura e Foreste) che lo ha piantumato a partire dal 2007 con millecinquecento fra aceri, tigli, frassini e arbusti di rosa canina, sambuco e altre essenze. Un’area di tre ettari è occupata da una marcita, creata col contributo delle acque di due rogge.

Nel perimetro del parco si trova anche un laghetto attrezzato per il birdwatching, tre piccoli stagni utilizzati per il reinserimento di anfibi e uccelli acquatici e una pista ciclo-pedonale.

Il parco è stato inaugurato nella primavera del 2009 con dedica a Giuseppe “Peppino” Impastato, ucciso nel 1978 a Cinisi, dove era nato e conduceva da tempo attività giornalistica e politica, denunciando le pesanti influenze esercitate sull’amministrazione e sulla vita del paese dal capomafia locale, Gaetano Badalamenti, poi condannato come mandante del suo omicidio.

Raggiungibile ora anche tramite la nuova pista ciclopedonale che parte dalla stazione di Gaggiano.

INFO
Bosco dei 100 passi
Via Giuseppe Verdi, 14
20083 San Vito MI

Lago Boscaccio

 

Il nome della località, affibbiatole ancor prima del Cinquecento, ne rivela le caratteristiche originarie: un bosco, ma di quelli poco curati, infidi.

Boscazzo era la definizione usata a quel tempo, quando se ne contendono la giurisdizione le parrocchie di Vigano e di Gaggiano e quando, esattamente nel 1556, viene messo all’asta dal Ducato di Milano e acquistato da un personaggio di primo piano: il conte Tommaso Marino, che già stava progettando di costruirsi il palazzo a Milano che ne ha conservato il nome.

Quando la proprietà passa alla famiglia Porrone, all’inizio del Seicento, in mezzo a quel bosco è già stata costruita una “casa da nobile” al centro di edifici rustici, adibiti all’abitazione di un massaro e dei suoi lavoranti, oltre ad una pila per la lavorazione del riso.

Un secolo dopo il nuovo proprietario, conte Francesco Carena, vi fa costruire, nelle vicinanze, un Oratorio dedicato a Santa Maria. Ancora un secolo e, all’inizio del Settecento, vicino all’angolo sud ovest dell’edificio padronale compare un Oratorio dedicato a San Materno (lo stesso a cui in origine era dedicata, assieme a Invenzio, la chiesa di Gaggiano).

All’inizio del Novecento, la Cascina Boscaccio conta circa 80 abitanti. L’attività cessa all’inizio degli anni Sessanta e gran parte del territorio attorno alla cascina diventa una cava di sabbia e ghiaia, materiali divenuti preziosi con lo sviluppo urbanistico che investe Milano e le sue periferie. Nel 1961 il Prefetto autorizza i proprietari, i Merlini, a scavare per un’estensione massima di 15.000 metri quadrati e fino a una profondità massima di 18 metri.

La cascina viene abbandonata e all’inizio degli anni Settanta l’area interessata dagli scavi è di circa 200.000 metri perché intanto la competenza sulle cave è passata alla Regione, ma non è ancora stato elaborato un Piano complessivo. Il Comune comincia a preoccuparsene, perché intanto dagli scavi affiora l’acqua e si crea un enorme lago.

Nel giro di un decennio si arriva a una convenzione che consente un uso pubblico delle sponde a nord e a ovest e privato delle altre. Finisce l’escavazione e, nella parte privata, l’antico palazzo padronale diventa sede di convegni, feste, cerimonie.

La superficie del lago è di circa 35 ettari, pari a quella dell’Idroscalo. Si caratterizza per la presenza di un’avifauna e di un’ittiofauna particolarmente ricche (con il progetto “il canneto del Lago Boscaccio” è stata creata una zona umida per accogliere gli uccelli acquatici di passo e intorno al lago trovano rifugio circa 180 specie volatili). La zona è stata individuata come area di ripopolamento e cattura (divieto di caccia) ed è la stazione di inanellamento dei volatili (gestita dal Gruppo Ornitologico Lombardo) della provincia milanese. Le acque del lago ospitano numerose specie autoctone di pesci e possiedono buoni caratteri di limpidezza. Lungo il perimetro del lago si svolge un percorso pedonale.Il percorso ciclabile noto come “Camminando sull’acqua” sfiora le rive del lago.

Curiosità: Nel 1922 un famiglio del Boscaccio, sorpreso a rubare nottetempo il latte, ammazza con un colpo di coltello il “cap famèi” che lo sta aspramente rimproverando. Il 12 dicembre del ’77 una carica di 100 grammi di tritolo viene fatta esplodere presso la cabina dell’Enel a poche decine di metri dal Boscaccio: erano gli anni plumbei, degli attentati e delle stragi; qui saltarono solo i vetri della cabina e la prodezza fu rivendicata due settimane dopo dalle sconosciute “Unità Combattenti Proletarie”.

INFO
Lago Boscaccio
Str. Cascina Boscaccio, 59
20083 Gaggiano MI

Il Fontanile e il cavo Beretta

All’inizio del 1900 nella sola Provincia di Milano si contavano ben 873 fontanili attivi, ma nel 1975 essi s’erano già ridotti a meno della metà (430) mentre all’ultimo censimento, appena vent’anni dopo, ne risultavano solo 186 rimasti in vita.

La loro importanza per lo sviluppo dell’agricoltura, fin dal Medio Evo, è ben nota.

Uno degli ultimi rimasti è facilmente visitabile percorrendo la pista ciclo-pedonale che da Fagnano conduce a Bestazzo.

Dopo circa duecento metri, la strada passa sopra il ponte che scavalca il cavo Beretta.Risalendo il corso d’acqua si arriva dopo pochi minuti alla testa del fontanile.

Il cavo Beretta ha assunto questo nome solo ai primi del Novecento: in origine era cavo Ferrario, dal nome della famiglia, che aveva proprietà fondiarie tra Fagnano e San Vito, da cui era stato commissionato lo scavo della parte iniziale della roggia nel 1805.Le sue acque alimentano il mulino di Fagnano e proseguono per circa 15 chilometri, sottopassando il Naviglio Grande, uscendone sulla sponda destra all’altezza della cascina Carbonizza e proseguendo fino oltre Coazzano dove s’ingrossano con le acque del cavo Cattaneo.

[dal sito del Comune di Gaggiano]

Oratorio Donato del Conte

Donato Del Conte, nato nel 1421 e morto all’età di settant’anni, ha dato il nome a questa cascina passato in sua proprietà attorno alla metà del Quattrocento dopo essere appartenuta prima alla famiglia Stampa, poi a Zanino Barbato.

Fu lui a decidere la costruzione dell’Oratorio dedicato alla Vergine Maria, facilmente riconoscibile da chi passa lungo la Vigevanese; l’edificio fu terminato nell’agosto del 1482 come attesta l’incisione ancora oggi leggibile sopra l’ingresso ed era ricco di affreschi ormai irrimediabilmente persi: una Madonna con bambino nella lunetta sopra il portalino esterno; sulla facciata, quattro figure di santi (Antonio abate, Cristoforo e due mai identificati); una Crocifissione sulla parete di fondo, poi sostituita da una pala d’altare raffigurante il ritorno di Cristo dall’Egitto. Ai due lati dell’ingresso erano anche riprodotti gli stemmi delle famiglie Del Conte e Della Croce cui appartenevano Donato e sua moglie Caterina.

L’Oratorio, in cattive condizioni già alla fine dell’Ottocento, è andato via via deteriorandosi, soprattutto perché utilizzato da tempo immemorabile al servizio dell’attività agricola senza rispetto per le opere e la stessa struttura.

Il territorio attorno alla cascina, fino alla locanda Barbattola (il cui nome deriva dal Barbato, suo antico proprietario) e al Naviglio Grande, è stato Comune autonomo nel periodo precedente l’Unità nazionale. Appartenne, per breve tempo, alla cantante lirica Giuditta Pasta, poi all’on. Francesco Mussi, il cui erede Francesco Cazzamini Mussi ne fece infine dono all’Ospedale di Abbiategrasso.

Curiosità: Un caso di omonimia ha indotto in inganno diversi studiosi dei secoli passati che attribuivano la proprietà della cascina e la costruzione dell’Oratorio a Donato Borri (1425-1477), condottiero al servizio del duca di Milano Francesco Sforza. La sua amicizia e fedeltà al duca gli avevano attribuito i soprannomi di Donato “da Milano” e Donato “del Conte”, rendendolo omonimo del vero proprietario. Il nostro dialetto ha contribuito a perpetuare l’equivoco sul nome della cascina, chiamandola “Cassina di Cunt”, facendo pensare a non ben precisati nobili (i Conti).

[dal sito del Comune di Gaggiano]

Fagnano e Palazzo d’Adda

Il luogo di Fagnano (denominato: Fagnano sul Naviglio dal 1864) è conosciuto almeno dal Duecento: nel 1262 la sua è fra le chiese a cui sono inviati i sacerdoti raccolti nella collegiata di Rosate.

Nella seconda metà del Quattrocento, è proprietà di Cicco Simonetta, il potente segretario della corte ducale di Milano, da cui passa ad Ambrogio Varese, medico di Ludovico il Moro che lo beneficia di ampi possedimenti fra cui questo di Fagnano.

Più tardi passa in proprietà alla nobile famiglia milanese dei d’Adda a cui viene attribuita la costruzione del palazzo, probabilmente nella medesima posizione di quello, di minori dimensioni, in cui era vissuto Cicco Simonetta.

Alla metà del Cinquecento il territorio di Fagnano è suddiviso fra tre famiglie: i Varese, figli di Ambrogio; i Crivelli e i d’Adda: Ludovico e Ottaviano, quest’ultimo proprietario dell’edificio che risulta circondato da un giardino e un orto che coprono circa 50 pertiche (30.000 metri quadrati).

A seguito di intrecci matrimoniali ed ereditari, a metà dell’Ottocento il palazzo passa ai D’Adda-Doria .

Ridotto ad uso agricolo già ai primi dell’Ottocento, l’edificio è da tempo inutilizzato e solo le cure degli attuali proprietari lo hanno protetto dal degrado.

Curiosità: Lo stemma nobiliare della famiglia d’Adda presenta in alto un’ aquila nera ad ali spiegate su fondo giallo; sotto bande ondate bianco nere; Nel 1848 Marietta d’Adda Doria è fra le nobildonne milanesi che collaborano coi patrioti durante le Cinque Giornate di Milano; Nel 1865 il marchese Alessandro Doria è consigliere comunale a Fagnano.

INFO
Fagnano e Palazzo d’Adda
20083 Fagnano MI