https://comune.cernuscosulnaviglio.mi.it/

Cernusco (Cixinusculum) è di antica data: alcuni dicono che sia di origine etrusca come la vicina Melpum (Melzo), altri affermano essa sia di origine romana. Questa seconda ipotesi è motivata dalle varie scoperte archeologiche e dall’attributo di Asinario che le rimane fino alla metà del 19° secolo, dal nome di Caio Asinio – cui è dedicata una via del centro storico – funzionario dell’epoca cesariana, il cui sepolcro viene scoperto nel 1849 in località Cascina Lupa.

L’urna cineraria è inserita nello stemma comunale. L’epitaffio inciso sull’urna può essere così tradotto: ” Nel giorno decimoquinto avanti le Calende di Quintile (ossia il 17 giugno) essendo console per la quarta volta Giulio Cesare (ossia l’anno 45 a.c.) il cenere di Caio Asinio fu qui seppellito e dedicato secondo il rito funebre prescritto dalla legge.”

Cernusco è un agglomerato (“vicus” romano) ai margini della strada militare romana che da Mediolanum (Milano) conduce ad Aquileia così come Colonia (Cologno) e Argentia (Gorgonzola). Durante l’epoca longobarda Cernusco diventa feudo della regina Teodolinda: il re Berengario I° incoronato re d’Italia concede le terre di Cernusco alla Basilica di Monza. Più tardi Cernusco passa alla Pieve di Gorgonzola ed allora subisce più o meno le vicende di questa località.

Nel secolo 13° diventa feudo dei valorosi Torriani ed è considerato il più saldo baluardo del loro dominio; ne fanno fede i nomi tuttora conservati di Torriana, Torrianetta, Torriana Guerrina. Così il nome della Castellana ricorda la presenza di un valido maniero. I Torriani hanno fieri avversari nei Visconti; dopo dure lotte tra le due casate – durante le quali Cernusco subisce distruzioni – il castello di Cernusco passa ai Visconti appoggiati dalla dinastia di Svevia. Tracce della dominazione viscontea restano nei nomi di Visconta, Viscontina, Terrona (da Mattarona, di Matteo Visconti) dati alle Cascine esistenti ancor oggi (così come per i Torriani).

In seguito subentra la dominazione sforzesca e nel 1475 Cernusco, con il resto della pieve di Gorgonzola e con vicariato di Melzo, viene dato da Galeazzo Maria Sforza a Luca Visconti Marliani che ricava dal suo nuovo feudo la rendita annuale di mille ducati d’oro.
Nel 1499 Cernusco passa ai Trivulzio che hanno aiutato il re di Francia Luigi XII° nella lotta contro Ludovico il Moro. Dopo fortunose vicende il nostro territorio – per la morte del principe Antonio Teodoro, senza discendenza – è devoluto alla Regia Ducal Camera nel 1679 per essere poi messo all’asta. Dopo vari passaggi, nel 1689 passa in proprietà al Duca spagnolo Gabriele Serbelloni, signore di Gorgonzola. Segue un’epoca di soprusi a non finire: la popolazione trascina per secoli una vita monotona ed incresciosa e si smorza quell’attivismo economico iniziatosi con l’apertura dal Naviglio Martesana, voluto dagli Sforza nella seconda metà del secolo 15°.
Costituitosi il Regno d’Italia, scompare dai documenti ufficiali la dizione di Cernusco Asinario ed appare la nuova attuale.

COSA VEDERE

Santuario di Santa Maria Addolorata

La fondazione di questo Santuario risale all’Alto Medioevo.

Non è tuttavia possibile ad oggi indicarne una data precisa. Secondo alcune fonti, rinvenute recentemente in pergamene del 1191, del 1201 e del 1206, la sua fondazione potrebbe risalire al secolo XI.

Ulteriori informazioni in merito alle origini del Santuario possono essere tratte da documenti risalenti alla fine del XIII secolo, quali ad esempio il manoscritto “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani”, redatto dal sacerdote Goffredo da Bussero.

L’autore riportava nell’elenco delle chiese del Milanese dedicate alla Madonna anche la chiesetta di S. Maria, riferendo come sorgesse in «Cesenugio Asinario». Una pergamena del Duomo di Monza, conservata nell’Archivio di Stato di Milano e risalente al 1286, indicava fra i territori confinanti con quelli monzesi, dove riscuoteva le «decime», la chiesa di S. Maria in «Cisnuschulo», citandola ripetutamente come “istius loci”, cioè dì Cernusco Asinario. Questo nome antico del Comune di Cernusco sul Naviglio è la denominazione toponomastica romana che si riferiva alla «gente degli Asinii» e che distingueva chiaramente questo borgo dal non lontano Cernusco Lombardone.

Dall’analisi di tutti i documenti sopra menzionati si evince con certezza che, all’epoca della loro stesura, il Santuario di S. Maria già esisteva nel territorio di Cernusco Asinario.

Nei secoli successivi il Santuario di S. Maria sarà ininterrottamente indicato come chiesa parrocchiale di Cernusco sino al XV secolo, quando il centro abitato cittadino si era ormai esteso, soprattutto verso nord, lasciando il Santuario sempre più lontano ed isolato dal centro dell’abitato.

Tale isolamento si acuì ancor di più a seguito dei lavori di scavo del letto del Naviglio della Martesana nelle immediate vicinanze dell’edificio sacro, costringendo così i parrocchiani ad un lungo percorso per attraversare l’unico ponte che permetteva di raggiungere la chiesa. Come conseguenza molti presero a frequentare la più prossima chiesa di S. Genesio, ritornando alla chiesetta di santa Maria soltanto per rendere omaggio ai propri defunti, sepolti nel vicino camposanto.

Nel settembre 1566 arrivò a S. Maria il sacerdote Gerolamo Arabia, visitatore delegato dell’Arcivescovo di Milano, che – secondo gli atti conservati nell’Archivio diocesano – avrebbe riferito che la chiesetta cernuschese era “fondata in onore dell’Assunzione della Vergine Maria” e che aveva “un reddito di circa 173 lire imperiali l’anno che deriva in parte da affitti e in parte dai frutti di due pezze di terreno a vigne, una di 27 pertiche, l’altra di 6.”.

Nel 1570 un altro delegato dell’Arcivescovo di Milano, il sacerdote Leonetto Chiavone, visitava la chiesa di S. Maria e descriveva l’interno sacro dell’edificio, rilevando la presenza di due navate (fatto oggi sorprendente) e due altari: quello maggiore e quello di S. Girolamo alla sua destra.

Queste le parole del sacerdote Leonetto Chiavone: “La chiesa è lunga circa 26 braccia e larga circa 18 (14,47 per 10,71 m.), ed è formata da due navate, cioè: la navata dell’altare maggiore con un soffitto abbastanza decente tranne che è molto basso e fin sotto l’arco della volta; l’altra navata, a destra di quella dove è l’altare maggiore, con un tetto molto basso soffittato come detto sopra. La chiesa è anche in parte imbiancata e in parte dipinta con immagini antiche e «deformi»; ad essa aderisce la casa parrocchiale, a sinistra dell’altare maggiore, dove starebbe meglio una terza navata per una vera perfezione dell’edificio…”.

Il 24 gennaio 1572 lo stesso Cardinale Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, venne in visita pastorale a «Cernusculo Asinario». Vi arrivò in barca e ciò, all’epoca, costituì certamente per i cernuschesi un avvenimento memorabile. Negli atti ufficiali di tale visita si riportava: “Il cimitero è davanti e a destra della chiesa, è circondato da sbarre di legno, ma al momento le sbarre sono in parte rotte. Si transita sul cimitero con cavalli e carri per accedere alla casa del curato. Non c’è sacrestia. La chiesa stessa è piuttosto grande ma antica; è divisa in due navate ma non è abbastanza capace per tutta la popolazione… La bussola (cassetta per le offerte [n.d.r.]) ha un’unica chiave che tiene il curato… Il tesoriere rende conto ogni mese a curato e sindaci ed è debitore di lire 26, soldi 19 e denari 3 da oggi indietro; tiene i conti piuttosto bene…”.

Nel febbraio 1605, dopo aver inviato nei tre anni precedenti alcuni Visitatori in osservazione, il Cardinale Federico Borromeo, nuovo Arcivescovo di Milano, venne in visita personale a Cernusco e si recò anche alla chiesa di S. Maria, antica parrocchiale dove già erano iniziati i lavori preparatori per un’ampia ristrutturazione dell’edificio sacro.

Nei decreti che la riguardavano, l’Arcivescovo Federico Borromeo disponeva che “Questa chiesa sia ricostruita dalle fondamenta affinché resti la memoria della matrice e antica chiesa ad onore della Intemerata Vergine Maria monumento insigne di pietà alla posterità”, affidandosi alla generosa partecipazione alle spese di riedificazione del parrocchiano Pietro Paolo Castelsampietro, titolare di una limitrofa locanda.

Col passare degli anni, la chiesa di Santa Maria perdette il titolo di parrocchiale che fu attribuito alla nuova chiesa dedicata a S. Maria Assunta ed edificata nel centro cittadino. La chiesa di S. Maria Addolorata si trasformò dunque in Santuario. La sistemazione definitiva dell’edificio sacro venne eseguita grazie ai restauri del 1642.

Alcuni documenti del 1745 attestano che l’interno della chiesetta era già stato ridotto ad un’unica navata negli anni precedenti.

L’edificio sacro subirà poi un’ulteriore modifica sostanziale nel 1837 con la costruzione del nuovo presbiterio. Nel relativo altare in marmo vennero collocati due statue: una risalente al secolo XVII, realizzata in terracotta e raffigurante il Gesù ormai esanime, mentre l’altra risalente al XVIII secolo, realizzata in legno intagliato policromo e raffigurante la Vergine Addolorata col cuore trafitto da sette spade.

Nell’immaginario popolare, l’immagine del Cuore della Madonna trafitto da sette spade simboleggiavano i dolori della Madre per la Passione e Morte del Suo Divin Figlio.

L’affresco della Vergine Addolorata

All’esterno del Santuario, in una cappellina posta su uno dei due lati maggiori, è presente un affresco della Vergine Addolorata, sempre meta della devozione popolare. Il dipinto che oggi vediamo è opera recente di Felice Frigerio.

Effettivamente, nel XVII secolo, avrebbe dovuto esserci un affresco mariano che era oggetto di grande devozione popolare: sappiamo infatti che il Cardinal Federico Borromeo, durante una sua visita pastorale a Cernusco nel 1605, “visitò l’immagine dipinta fuori della chiesa sulla parete settentrionale; ha davanti un telaio di legno con un vetro che protegge la sacra immagine. Ad essa c’è gran concorso di popolo che offre elemosine e doni…”. Tale immagine rappresentava probabilmente una Pietà, che tuttavia negli anni successivi potrebbe essere stata anche rimossa. Non ne abbiamo infatti più notizia negli scritti successivi.

INFO
Santuario di Santa Maria Addolorata
Via Lungo Naviglio, 24
20063 Cernusco sul Naviglio MI

 

Villa Alari

La Villa Alari, detta anche Villa Visconti di Saliceto o Villa Alari-Visconti, è una villa di delizia in stile Rococò edificata nel XVIII secolo a Cernusco sul Naviglio.

La villa venne commissionata all’architetto Giovanni Ruggeri da Giacinto Alari, titolare di diversi feudi nel ducato e Commissario generale delle Munizioni dello Stato di Milano, ottenendo anche il titolo di conte di Tribiano nel 1732. L’Alari, a Cernusco, possedeva 1730 pertiche di terreno acquistate tra gli ultimissimi anni Seicento ed i primissimi del Settecento oltre ad un lotto unitario di 100 pertiche acquisito nel 1702 e sul quale fece quindi sorgere la villa a partire già dal 1703, concludendo i lavori tra il 1719 ed il 1725.

Alla morte di Giacinto nel 1753, la villa passò al suo figlio terzogenito Giuseppe e dai suoi due nipoti Francesco e Saulo, dal momento che il figlio primogenito Francesco gli era premorto ed il secondogenito era decesso ancora infante. Giuseppe, come canonico, rinunciò ai propri diritti sulla villa e, dal momento che il nipote Saulo morì ancora bambino, Francesco si ritrovò proprietario dell’intero complesso.

Grazie alla fortuna della famiglia Alari, la villa si distinse ben presto per essere una tra le più ricche e maestose del milanese, al punto che fu richiesta in affitto per quattro anni dal 1771 al 1775 dall’Arciduca Ferdinando d’Asburgo, figlio dell’imperatrice Maria Teresa e governatore della Lombardia austriaca, che la utilizzò come residenza estiva con la consorte Maria Beatrice d’Este, fino alla costruzione della Villa reale di Monza dove la corte si spostò successivamente. Le ingenti spese sostenute per la costruzione e la decorazione dell’edificio, avevano però assottigliato il patrimonio della famiglia Alari che giunse in trattative col governo di Vienna per vendere definitivamente la villa agli arciduchi, ma l’affare non andò in porto perché l’imperatrice Maria Teresa si oppose all’esborso di 40.000 ducati per la villa e 9000 per il mobilio come richiesto dai venditori.

Nel 1831 con la morte di Saulo Alari (1778-1831), la famiglia Alari si estinse e la villa passò di proprietà al conte Ercole Visconti di Saliceto, appartenente ad un ramo collaterale dei ben più noti Visconti di Milano, il quale, dopo la morte del conte, aveva sposato la moglie di Saulo, la contessa Marianna San Martino della Motta dalla quale ebbe degli eredi.

L’ultimo erede di questa famiglia, la contessa Valentina Visconti di Saliceto, lasciò la villa nel 1944 all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano che la adibì in un primo momento ad ospedale psichiatrico e poi a casa di riposo di cui è rimasta sede sino al trasferimento della struttura in un nuovo edificio più moderno ed attrezzato. Dal 2007 la villa è divenuta proprietà comunale.

La villa con tutto il suo apparato di viali, giardini ed ingressi monumentali era caratterizzato da una notevole unitarietà stilistica ed esecutiva essendo stato ultimato nel primo quarto del Settecento su progetto e direzione dell’architetto romano Giovanni Ruggeri, fra i maggiori autori del cosiddetto barocchetto lombardo, declinazione locale del Rococò in auge all’epoca, ed allievo a sua volta del noto architetto romano Carlo Fontana. A lui sono attribuiti oltre al progetto anche l’invenzione delle decorazioni a stucco e ferro battuto che ornavano tutto il complesso, così come i vasti parterres alla francese scomparsi già nell’Ottocento quando il parco fu trasformato in stile inglese da Luigi Villoresi, padre del celebre Eugenio.

Alla decorazione interna contribuirono, realizzando affreschi di soggetto mitologico-celebrativo, Giovanni Angelo Borroni, Giovanni Antonio Cucchi, Francesco Fabbrica, Pietro Maggi, Salvatore Bianchi, Francesco Bianchi, Francesco Londonio, Enrico Albrici.

Il grandioso complesso, imperniato sul corpo centrale della villa, occupava una vastissima area su cui si dispiegavano i giardini, i viali prospettici, il cortile d’onore, i cortili di servizio e le ali laterali ad uso agricolo e la cappella. La facciata principale prospetta sul cortile d’onore, a sua volta prospiciente la strada verso Milano con un’esedra. Su questa facciata, a due piani, priva di aggetti, il cui movimento è definito da lunghe paraste non equidistanti, si apre al centro un portico a cinque fornici anch’essi di larghezza variabile, sorretto da colonne e archi a tutto sesto, chiuso oggi da una vetrata. Da questo portico si dipartiva, ne Settecento, il lunghissimo cannocchiale prospettico che attraversava tutti i giardini, proseguendo al di là del canale della Martesana, lungo un viale oggi scomparso di cui ci resta memoria nelle incisioni tratte da Marc’Antonio Dal Re per il suo volume Ville di delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano (Milano, 1743). Le due ali laterali della corte d’onore davano accesso a due corti minori, simmetriche, con funzioni di servizio, affacciate sui due giardini laterali che le circondavano. La fronte principale, dominata da linee verticali, prospettava sul giardino parallelamente alla Martesana. Caratterizzante la facciata è il corpo centrale aggettante, aperto con logge sui lati, e alleggerito da due balconcini sovrapposti, cui fa da sfondo il corpo più arretrato, che torna ad avanzare in due corpi laterali, che definiscono i fianchi.

[Da Wikipedia, l’enciclopedia libera]

INFO
Villa Alari
Via Camillo Benso di Cavour, 8
20063 Cernusco sul Naviglio MI

Villa Biancani Greppi

 

La Villa Biancani Greppi (conosciuta soprattutto come Villa Greppi) è un edificio di Cernusco sul Naviglio, edificato nel XVII secolo in stile neoclassico. Dal 1978 è sede dell’Amministrazione Comunale.

Edificata nel XVII secolo, diventa di proprietà del banchiere e manifatturiere tessile bergamasco Antonio Greppi (1722-1799) che nella seconda metà del 1700 la rinnova in stile neoclassico (molto in voga a Milano in quegli anni). Passata di mano più volte nel XIX secolo, viene ceduta all’Ospedale Maggiore di Milano alla fine dell’Ottocento. Ritorna di proprietà del comune nella seconda metà del XX secolo e viene ristrutturata negli anni settanta. Da quel momento è la sede del comune di Cernusco sul Naviglio. Nel parco, ad uso pubblico, sono presenti un edificio scolastico e una biblioteca.

La villa è a pianta ad «H» su due piani, con portico e attico. È circondata da un ampio parco e frontalmente, sull’ingresso principale, da un giardino. Una della principali caratteristiche della struttura sono gli ampi spazi all’interno. Gli affreschi sono andati quasi tutti perduti.

INFO
Villa Biancani Greppi
Piazza Unità d’Italia
20063 Cernusco sul Naviglio MI

Villa Uboldo

La villa segnò una tappa importante nell’opera di edificazione delle ville lombarde nel XVIII secolo poiché abbinò il gusto per la tendenza neoclassica a quello per il giardino all’inglese.

Villa Uboldo, costruita nel 1747 su volere di Ambrogio Uboldo, è di segno e consistenza affine alla Villa Alari.“ Anche altre ville abbelliscono questa terra, e massime la Uboldi.” (Cesare Cantù, Grande Illustrazione del Lombardo Veneto, Milano, 1857).

Il progetto del complesso, ad eccezione del giardino all’inglese, fu affidato all’architetto Carillo Rougier, parente della famiglia Uboldo.

L’attuale uso ospedaliero ha determinato pesanti trasformazioni sulla villa di cui rimane la facciata meridionale e tre sale con decorazioni neoclassiche.

Nel giardino romantico, museo all’aperto di sculture inserite in scenari medievali, rimane un sistema di grotte artificiali che conducono al Tempio della Notte utilizzato per i riti di Massoneria, cui l’Uboldo era affiliato.

Dalla descrizione di A. Fermini in “Ambrogio Uboldo, nobile di Villaneggio, Milano, 1933” si apprende che attraverso “l’antro di Enea e Didone” si accedeva ai sotterranei “ad imitazione di grotte naturali…Originale e ben studiato è l’organismo di queste grotte, sia nel tenebroso tratto a labirinto…come nei vani dalle fantastiche volte…con spiragli da cui piovono obliqui fasci di luce. Alla sensazione di orrido si aggiunge la voce del…ruscelletto che qui score lungo il camminamento pel quale si giunge infine al Tempio della Notte. E’ questo un ampio e squallido vano a rotonda con volta emisferica e colonne abbozzate ed abbinate che lo circondano attorno alla rustica parete intercalata da nicchie e finestre” (G.C. Bascapè in Arte e storia dei giardini di Lombardia, Milano, 1962).

La descrizione continua con “le avvincenti visioni panoramiche…conseguite per mezzo di accorgimenti prospettici… la vegetazione d’una varietà e d’una ricchezza non comuni…articolata in modo che il giardino appare più ampio di quanto non sia”… comune denominatore il mistero” ( G.C. Bascapè, op. cit.).

INFO
Villa Uboldo
Via A. Uboldo, 7
20063 Cernusco sul Naviglio MI

Villa Ferrario

E’ la villa adiacente al gruppo di ville più famose di Cernusco.

D’impianto più sobrio e compatto con un giardino quadrangolare all’ingresso, è difesa da una cinta muraria che la nasconde alla vista esterna.

La villa si compone di un corpo centrale su pianta rettangolare con la facciata rivolta verso il giardino.

Un leggero aggetto, segnato da lesene, delimita anche un portico a tre fornici; le due ali laterali, che fiancheggiano il corpo dell’edificio centrale, sono di epoca successiva.

Palazzo Viganò

Ampio palazzo a due piani costruito attorno a una corte quadrata, all’angolo fra le vie Cavour e Caio Asinio, presenta un’interessante facciata adorna da caratteristici cornicioni e una gronda a gola rovesciata. All’inizio del novecento appartenne al pittore Vico Viganò.

INFO
Palazzo Viganò
Via Cavour
20063 Cernusco sul Naviglio MI

Cascina Castellana

La Cascina Castellana, le cui notizie risalgono al 1613, ha una corte quadrata cui fanno da ala i rustici e una parte padronale a due piani con giardino privato all’italiana.

A sud la corte d’onore è delimitata verso la strada da un muro di cinta curvilineo con cancellata.

I riferimenti al toponimo Castellana e al particolare andamento delle fondazioni del complesso, ipotizzano un’origine più antica, forse parte di un sistema difensivo medievale cui si ricollegava anche la vicina Cascina Imperiale.

La cascina ebbe poi uno sviluppo prettamente agricolo con torchio e ghiacciaia.

Al complesso è collegato l’Oratorio dedicato a S. Teresa d’Avila (nominato nelle visite pastorali del 1674).

La sagrestia era collegata al corpo nobile dell’edificio da una finestra interna chiusa da una grata che serviva alla famiglia dei proprietari per assistere alle funzioni sacre in forma privata.

La chiesetta manteneva i caratteri dell’età barocca. L’aula rettangolare era coperta da un soffitto a cassettoni, dipinto con motivi floreali a tempera.

Sull’altare era situata una pala su tela del XVII Secolo che raffigurava l’Estasi di S. Teresa.

Ai lati dell’altare trovavano posto due reliquiari lignei a busto raffiguranti i SS. Sisinio e Innocenzio.

Belle le due portine, lavorate ad intaglio con gli emblemi del martirio (la palma e la corona).

Fra gli arredi superstiti, un dipinto a olio su tavola con l’immagine di S. Antonio da Padova con Bambino Gesù, forse di Carlo Francesco Nuvolone (1609-1662).

INFO
Cascina Castellana
Via alla Castellana
20063 Cernusco sul Naviglio MI